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Una case History: Berto Salotti

Il caso di un artigiano brianzolo che ha quintuplicato il fatturato grazie a Internet mostra una verità: per vendere online bisogna cambiare tutto....

Come può un tappezziere della Brianza, in cattive acque dopo una vita a correre dietro ai negozianti della zona, quintuplicare le vendite e i dipendenti? La risposta è che che con  l’e-commerce è possibile.

È tutto quello che c’è dietro che rende possibile vendere online e farsi conoscere non solo oltre i confini della provincia, ma anche oltre quelli italiani e presto europei.
Il tappezziere esiste davvero, opera a Meda (MB), si chiama Berto Salotti e nel tempo è diventato un’azienda artigiana specializzata nella produzione di divani su misura. A guidarla è Filippo Berto, figlio di uno dei due fratelli fondatori, Fioravante, scomparso due anni fa. «Nel mese di marzo abbiamo realizzato un fatturato pari a quelli che nel 2003 facevamo in sei mesi», è la prima risposta alla domanda su come la Rete abbia cambiato l’attività. «Eravamo il classico tappezziere brianzolo, facevamo conto terzi o lavori per commercianti – racconta Filippo Berto -. Ma non avevamo risorse per farci conoscere o per partecipare alle fiere, le dimensioni erano troppo piccole. Alla fine del 2000 l’azienda era in una situazione di forte stress».
Filippo Berto: «Eravamo il classico tappezziere brianzolo, facevamo conto terzi o lavori per commercianti. A marzo il fatturato è stato pari a quello di sei mesi del 2003»
Il cambiamento inizia da una considerazione semplice. «La Rete permette di farsi conoscere», continua Berto. «Nell’azienda c’era un sapere molto elevato, c’era personale con professionalità altissima, che però non usciva fuori. Ho pensato che “Il racconto” poteva collegare la mia azienda al mondo». Da lì nasce il primo sito. «Mio padre mi ha dato fiducia. A 23 anni – dice il Ceo della società, oggi 38enne – ho costruito il laboratorio del racconto». Si mettono online i video delle realizzazioni, i nomi e i cognomi e i volti dei dipendenti. Pochissimi, all’inizio, non più di 5-6, ora diventati 25. Si aggiunge un blog, si innesta il tutto sui social network.
I due passaggi successivi sono stati la possibilità di progettare online i modelli richiesti (non ancora con un simulatore, ma attraverso l’interazione con l’ufficio tecnico) e poi la vendita direttamente dal sito. Già oggi il 20% del fatturato deriva dall’e-commerce, anche se solo una sessantina di prodotti è acquistabile online, mentre «un 85-90% delle vendite è in qualche modo legato al sito», racconta Filippo Berto. La percentuale delle vendite tramite il Web potrebbe salire dopo il lancio di un nuovo sito, tra un paio di mesi, in cinque lingue e con un processo di acquisto semplificato. Nel frattempo, però, è successo qualcosa di più: sono spariti dall’orizzonte gli agenti, i grossisti e i negozi multimarca.
Berto: «Già oggi il 20% delle vendite deriva dall’e-commerce, mentre un 85-90% delle vendite è in qualche modo legato al sito»
Il motivo è che «l’impatto della Rete è stato grandissimo e ci ha inserito in un processo di cambiamento molto forte – sottolinea Berto -. Quello che all’inizio non sapevamo è che stavamo entrando in un percorso di trasformazione continua e infinita. La Rete ha progressivamente cambiato tutte le funzioni: acquisti, logistica, amministrazione, marketing, ricerca e sviluppo, distribuzione, vendita, internazionalizzazione. È una sequenza che non si ferma».
Questa scoperta la fanno prima o poi tutte le aziende che provano a vendere online. Se non la fanno, c’è qualche problema, spiega un consulente che quotidianamente accompagna le società in questi processi, Michele Raballo, Commerce Lead Accenture Interactive, di Accenture Digital. «Una delle tematiche chiave per il successo delle iniziative di e-commerce – dice – è che le società, anche grandi, quando abilitano il commercio elettronico devono trasformarsi, anche in funzioni aziendali che non si aspettano di cambiare».
Il primo passo, come nell’esempio della Berto, è creare un sito in cui le schede dei prodotti siano chiare, con immagini adeguate, e in cui si possa creare un racconto. «Per fare storytelling – dice Raballo – è necessaria una piattaforma che permetta di avere un’esperienza di navigazione in cui l’acquisto è solo una delle possibilità. Ci si deve avvalere di un’agenzia e di un copy per la comunicazione. E bisogna che i social network siano presidiati, con un’evoluzione del customer service».

By Fabrizio Patti, www.linkiesta.it – Dicembre 4º, 2015